Il primo materiale plastico semisintetico è stato inventato nel 1861 da Alexander Parkes, ma ad esso sono seguiti altri materiali fino a quando, verso la metà del novecento, la plastica è entrata in modo massiccio nell’uso quotidiano. Si tratta di un materiale duttile, particolarmente economico e, con il tempo, è diventato importante anche per il design, poiché gli oggetti in plastica sono esteticamente accattivanti per la varietà di colori e per la lucentezza del materiale stesso. Attualmente la plastica è molto utilizzata per gli imballaggi che hanno un impiego estremamente limitato nel tempo e un forte impatto sull’ambiente.
L’Europa e l’economia circolare
In Europa si producono 25,8 milioni tonnellate di rifiuti plastici all’anno di cui meno del 30% vengono raccolti per essere riciclati. Il nostro continente ha basato per anni la sua struttura economica sul modello lineare di consumo che prevede la produzione del bene, il suo utilizzo ed in ultimo, il suo abbandono. Questa catena è particolarmente preoccupante nel caso della plastica perché essa non è biodegradabile e, se viene bruciata, emette diossina, una sostanza tossica. La presenza della plastica in mare incide in modo determinante sulla catena alimentare perché dei 700 chili di plastica al secondo che finiscono in mare, la maggior parte di essi è determinata da particelle microplastiche contenute in dentifrici, cosmetici, shampoo, capi d’abbigliamento, o pulviscolo degli pneumatici portati in mare a seguito delle piogge. Queste particelle vengono ingerite dai pesci causandone la morte oppure quando vengono tollerate sono poi assunte dall’uomo che si nutre anche di pesce. La situazione è talmente grave che il 28 maggio del 2018 la Commissione europea ha approvato quattro direttive per riuscire a traghettare l’Europa verso un’economia di tipo circolare. Essa prevede la riduzione degli imballaggi e gli sprechi, attraverso il riutilizzo dei beni e il loro riciclo per dare nuova forma agli oggetti. Le nuove direttive europee stabiliscono che nel 2025 il limite per il riciclo del materiale da imballaggio dovrà essere il 50% e per il 2035 il 55%. La parola d’ordine diventa riciclare.
Come riciclare
Il primo passaggio è quello di raccogliere con attenzione i materiali plastici da inserire nel cassonetto della plastica. Le bottiglie, i barattoli, i flaconi, i sacchetti, le buste, le pellicole trasparenti, i piatti e bicchieri monouso e le vaschette sono tutti imballaggi e possono essere riciclati. Non sono invece riciclabili invece i giocattoli, i secchielli, le ciabatte, i canotti, i palloni, gli occhiali, le biro, i pennarelli, le borracce e gli attrezzi da giardino o da cucina. Sugli imballaggi vengono applicati dei codici di riciclo, che sono funzionali alla corretta individuazione dei materiali riciclabili. Possono rappresentare quindi un grande aiuto nel caso in cui non si conosca la possibile riciclabilità di un bene.
Codice 1 – PET polietilene tereftalato – la trasparenza, la resistenza e la barriera ai gas lo rendono adatto alla produzione di bottiglie per bevande gasate e vaschette.
Codice 2 – HDPE polietilene ad alta densità – la resistenza e la rigidità sono caratteristiche funzionali alla produzione di barattoli e contenitori rigidi.
Codice 3 – PVC cloruro di polivinile – allo stato puro è molto rigido, ma si presta ad essere miscelato con altri materiali. È utilizzato come contenitore per alimenti.
Codice 4 – PE-LD politilene a bassa densità – è particolarmente flessibile per questo è ideale per la produzione di sacchetti per cibi surgelati o per la pellicola per alimenti.
Codice 5 – PP moplen – esso può essere sia rigido che flessibile ed è utilizzato ad esempio come bottiglia di ketchup o maionese oppure per le buste della pasta.
Codice 6 – PS polistirolo – è usato per la produzione di piatti, bicchieri e posate monouso, grucce appendiabiti, vaschette e imballaggi di elettrodomestici
Codice 7- altre plastiche – rientrano in questa categoria tutti gli altri polimeri, o anche le loro combinazioni.
La normativa di riferimento
Il decreto Ronchi (d.lgs 5 febbraio 1997, n. 22) è stata la prima normativa organica in materia di rifiuti, successivamente la materia è stata integrata ed è stata raccolta nel decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 “Norme in materia ambientale”, che disciplina la materia dei rifiuti e anche il loro riciclo. La raccolta differenziata è affidata ai Comuni, che possono svolgerla direttamente o affidarla a ditte pubbliche o private nei limiti previsti dalla legge. I regolamenti comunali stabiliscono i giorni e le fasce orarie del conferimento che pertanto possono variare in ogni comune. Essi disciplinano anche la gestione della raccolta differenziata ed il trasporto dei rifiuti urbani. I Comuni stabiliscono anche se il conferimento debba avvenire nelle apposite campane o con il servizio porta a porta che prevede che gli incaricati provvedano al ritiro di quel particolare tipo di rifiuto in giorni e orari prestabiliti. Gli errori nel conferimento dei rifiuti sia nel caso del porta a porta, che in quello effettuato tramite campana, comportano delle sanzioni amministrative. Non è consentito conferire i rifiuti senza differenziare, così come farlo in modo non corretto, ad esempio mettendo il vetro nella campana della plastica. Inoltre non è possibile conferire i rifiuti nei giorni e negli orari sbagliati e anche in questo caso il vigile urbano può applicare la sanzione amministrativa. Questa può interessare anche i condomini, quando in un servizio porta a porta l’errore è compiuto da un condomino. La sanzione viene recapitata direttamente all’amministratore del condominio che è l’unico responsabile nei confronti del Comune e, nel caso in cui egli non riesca ad individuare il colpevole, la multa sarà pagata dall’intero condominio. Attualmente sono 500 i comuni italiani in cui la raccolta differenziata funziona correttamente e il dato è in crescita rispetto all’anno precedente, grazie all’impegno congiunto degli enti coinvolti e alla collaborazione dei cittadini.
Gli altri enti coinvolti nella raccolta differenziata
Il decreto Ronchi stabilisce che le città metropolitane che hanno sostituito le province, hanno competenza in materia di programmazione e organizzazione dello smaltimento dei rifiuti e devono anche individuare le zone che si reputano idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e recupero. Le Regioni invece devono occuparsi di predisporre e aggiornare i piani di gestione dei rifiuti, così come di regolamentare le attività di gestione dei rifiuti. Esse hanno competenza anche per la gestione delle attività di riutilizzo, riciclaggio, recupero e smaltimento.
Il vantaggio della plastica
Le materie plastiche presentano molti vantaggi poiché la raccolta e il riciclo degli imballaggi, dà vita a nuovi prodotti e consente di creare nuovi posti di lavoro. Alla base di questa catena c’è sicuramente la consapevolezza che l’uomo ha un ruolo fondamentale per la tutela dell’ambiente e che il rispetto per l’ecosistema deve diventare sempre di più una priorità. Questa nuova cultura ambientale comincia a dare i primi risultati, infatti nel 2015 sono state riciclate circa 900.000 tonnellate di rifiuti di imballaggi in plastica provenienti dalla raccolta differenziata. A questa cifra vanno aggiunte circa 327.000 tonnellate di plastica derivanti dal riciclo indipendente, numeri che possono ancora migliorare anno dopo anno.